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Brand: Nico Orengo
EAN:
9788806242138Categoria: Libri e riviste
Usando il cibo, in particolare il sale e le acciughe, come filo conduttore e come sottofondo di tutto il testo, Orengo scrive un libro poetico e malinconico, coltissimo ed estremamente popolare, in cui personaggi presenti e passati si mescolano e si sovrappongono.\r\n«Si sente il profumo dell'aglio rosa, del salso del mare, delle valli nascoste e della Olga, la rossa che passa nelle pagine come una cometa tra i picchi delle montagne» - Mario Rigoni Stern\r\nCon Il salto dell'acciuga , nel 1997, Nico Orengo usciva per la prima volta dai «suoi» territori dell'estremo Ponente ligure, dove aveva ambientato tutti i suoi romanzi, per spingersi verso il Piemonte seguendo una traccia antica e avventurosa: quella del commercio del sale e delle acciughe, un traffico che si perde oltre il Medioevo nella notte delle fiabe e dei miti. Orengo racconta, ricorda, intreccia notizie storiche e storie di paese, insegue mestieri perduti, odori e colori, accompagnandoci alla scoperta delle verità poetiche e umane che si nascondono nei viaggi millenari del sale e dell'acciuga. E insieme ai riti e ai canti che venivano fatti durante la preparazione della bagna caoda , ci dà del famoso piatto la «vera» ricetta. \r\n\r\nUsando il cibo, in particolare il sale e le acciughe, come filo conduttore e come sottofondo di tutto il testo, Orengo scrive un libro poetico e malinconico, coltissimo ed estremamente popolare, in cui personaggi presenti e passati si mescolano e si sovrappongono, in cui autobiografia e mito popolare vanno a braccetto ricostruendo lo spaccato di una civiltà meticcia il cui retaggio sopravvive soltanto, sbiadito, in minuscole borgate abbandonate di montagna o nei relitti di vecchie barche da pesca ormai buone solo per ornare spiagge senza piú pesci né pescatori. Orengo parla in primis di se stesso, ripesca nei propri ricordi mischiando passato e presente, seguendo tracce storiche e chiacchiere da bar, lasciandosi portare dal passo stanco degli ultimi pescatori ormai scomparsi o dai Saraceni che all'alba del Rinascimento riparano in montagna per sfuggire alle sconfitte militari subite sulle coste liguri e provenzali. Una storia di meticciato, di resilienza e di caparbietà, ma anche una storia che una volta in piú ci mostra con semplicità e linearità come confini e frontiere siano una cupa ossessione di chi detiene il potere e il denaro, mentre la storia di tutte le civiltà e di tutte le bellezze del mondo non può che risiedere nell'ibridazione e nella mescolanza. dalla prefazione di Carlo Petrini
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